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  VOLTAIRE

mercoledì 8 settembre 2021

VOLTAIRE IN PILLOLE

LA SUA STORIA

Francoi Maria Arquet ( Voltaire ) nasce a Parigi nel febbraio 1694 da una famiglia di alto livello sociale. Perse la madre a soli 7 anni e venne cresciuto dal Padre , col quale poi ebbe sempre un rapporto conflittuale.. nel 1704 entrò in un collegio di gesuiti Louis- Le Grand dove dimostrò grandi interessi per le materie umanistiche , soprattutto retorica e filosofia. Nel collegio incontrò bravi insegnanti e gli fu impartito anche l’insegnamento del latino, attraverso lo studio dei testi di Virgilio, Orazio ed altri. Nel corso della vita studierà poi anche le lingue e ne parlerà correttamente tre otre al Francese, anche l’itlaino L’Inglese e in forma minore anche lo Spagnolo. Dopo 7 anni , nel 1711 lascia il collegio e per volontà del padre si iscrive ad una scuola superiore di diritto, che lascerà solo dopo tre o quattro mesi , carico di disgusto e opposizioni a questi studi, tanto che si inasprisce assai il rapporto col padre, che non sopporta gli studi poetici del figlio né tantomeno i suoi rapporti coi circoli filosofici libertini. Lavorò come segretario presso l’Ambasciata Francese dell’Aia. Tornò poi a Parigi, e cercando di omaggiare il padre fece praticantato presso un Notaio. Durò assai poco questo idillio col padre che infatti alla fine ripudiò. Alla morte del padre ricevette una buona eredità che gli permetteva di stare in sicurezza economica e svolgere il proprio lavoro in tranquillità. Una tranquillità , si fa per dire tale, perché fu litigioso e oppositivo . sempre per colpa dei suoi scritti mordaci, litigò con l’aristocratico Guy-Auguste de Rohan-Chabot, cavaliere di Rohan, che l’aveva apostrofato con scherno presso un teatro.. Dovette allontanarsi da Parigi e poi per altre ragioni, sempre di contrasto per i suoi scritti,emigrò in Inghilterra, dove trascorse un triennio 1726 1729, dove sostenne le tesi dell’illuminismo peraltro corrisposto anche da altri studiosi inglesi. Egli fu assai attratto dal sistema monarchico costituzionale inglese , parecchio diverso e più democratico di quello assoluto francese. Partecipò anche ai funerali di Newton e elogiò gli inglesi per l’apprezzamento profuso per questo scienziato . Dopo quasi tre anni di esilio voltaire torna a Parigi, Nell’opera lettere Inglesi Voltaire considera la monarchia inglese - costituzionale, sorta in maniera compiuta dalla Gloriosa rivoluzione del 1689 - come più sviluppata e più rispettosa dei diritti umani (in particolare la tolleranza religiosa) rispetto al suo regime omologo francese. Voltaire poi si pone alla guida dell’illuminismo Francese

Le Sue Pubblicazioni

Voltaire (1694 – 1778) nel 1733 pubblica Le lettere filosofiche, considerate il manifesto dell’illuminismo francese e condannate ad essere bruciate dal Parlamento francese. Del 1751 è il saggio storico Il secolo di Luigi XIV. Del 1759 sono i romanzi Candido, La principessa di Babilonia, Zadig o il destino, L’ingenuo. Altra opera è il Dizionario filosofico (condannato anch’esso dal parlamento). Del 1763 è il Trattato sulla tolleranza, del 1776 i Dialoghi di Evemero, del 1756 il Saggio sui costumi e lo spirito delle Nazioni

La Scelta del Suo Nomignolo

François-Marie Arouet, meglio conosciuto come Voltaire, potrebbe essere stato ispirato dalla città di Volterra per la scelta del suo pseudonimo, o nomignolo. perchè se lo scelse lui. Non soltanto una questione di somiglianza fonetica, quindi, ma una vera e propria correlazione. A sposare questa tesi è Simone Domenico Migliorini che, nel suo saggio Voltaire e Volterra, analizza e approfondisce le varie ipotesi. La prima è quella dello scrittore settecentesco Francois Antoine Chevriern che, in un suo scritto dal titolo Les Amusement des dames de Bruxelles, citando Volterra, sostiene che il filosofo illuminista, dopo una visita nella città etrusca, colpito dalla gentilezza degli abitanti, decise di adottare Voltaire come nom de plume. Sempre a favore di un legame tra questi nomi si esprimono, anche se con motivazioni diverse, due studiosi americani, rispettivamente nel 1929 e nel 1937. Ira Owen Wade sostiene che Voltaire avrebbe scelto lo pseudonimo in onore della città che aveva dato i natali allo scrittore latino Aulo Persio Flacco, di cui conosceva e apprezzava le opere.

IL PENSIERO FILOSOFICO

Voltaire è una delle figure più importanti ed eminenti dell’illuminismo francese. Tutta quanta la sua filosofia polemizza contro le varie forme di oppressione politica e di intolleranza religiosa. In lui, inoltre, si ha una spassionata fiducia nella ragione dell’uomo. Una ragione non dogmatica, capace di rinnovare la vita civile. Voltaire si configura contrario a qualsiasi forma di metafisica contemporanea e avverso ad ogni forma di scolastica. Filosoficamente si allaccia alla filosofia lockiana e newtoniana. Seguendo Locke, Voltaire polemizza contro ogni forma di innatismo, ed afferma l’origine sensibile di tutte quante le conoscenze. A Newton, invece, riconosce il merito di avere compiuto una vera e propria rivoluzione scientifica e di aver scoperto la legge di gravitazione universale. Voltaire si pone come un deista, ed infatti, afferma la convinzione che l’ordine dell’universo presuppone un’intelligenza suprema ordinatrice del tutto. Dio è il primo motore intelligente eterno, che ha formato un mondo eterno. Voltaire difende con forza la religione naturale, e polemizza contro quei philosophes che hanno sviluppato concezioni materialistiche ed ateistiche. Il deismo o teismo propugnato da Voltaire è quello di una religione pura, ragionevole, universale. Una religione che ha il suo nucleo essenziale nell’adorazione di Dio e nell’esser giusti, e da cui derivano tutte le religioni storiche, che, nel corso del tempo, si sono intrise di pratiche inutili e sterili. Il nostro filosofo polemizza contro queste religioni, in special modo contro il Cristianesimo, che è colpevole di atrocità e violenze. Inoltre, rifiuta qualsiasi tipo di dogmatismo spiritualistico. Ciò perché non è mai stato dimostrato che l’attività del pensare non sia della materia allo stesso modo della facoltà del sentire. Pertanto, non si può sapere se vi sia una facoltà immateriale a cui spetti la facoltà del pensare. Il negare l’immortalità dell’anima non significa negare la legge morale. Ed infatti, interi popoli, come quello ebraico, e tanti filosofi hanno negato l’immortalità dell’anima, ma non per questo sono stati immorali. La morale tracciata da Voltaire è una morale relativa alla società, e cioè “la virtù e il vizio, il bene e il male morale sono in ogni paese quel che è utile o nocivo alla società”. Il relativismo morale ha, però, un imperativo. Ed infatti, per Voltaire l’uomo ha avuto da Dio i mezzi per acquisire l’idea di giusto e di ingiusto, di bene e di male. Chiarificatrici sono le parole di Voltaire: “Il bene della società è l’unica misura del bene e del male morale”. Molto più profonda è, invece, la riflessione di Voltaire circa la libertà. Essa è vincolata alla volontà, e cioè al fine di realizzare ciò che è buono e ciò che procura piacere. La libertà è vincolata alla volontà, la quale ci indirizza secondo il giudizio che ci formiamo su ciò che è buono e ciò che è cattivo. Ma il giudizio che noi ci formiamo è legato necessariamente ai canoni valoriali della società in cui cresciamo. Società che, quindi, ci condiziona sin da piccoli. Per tale motivo, l’uomo nel suo agire, e nella sua libertà, è sempre vincolato. Questo tema viene chiarito ulteriormente nel Filosofo ignorante. Qui si sottolinea ancora di più il limite della libertà degli uomini, che sono creature di un essere eterno, il quale li inserisce in una “immensa macchina di cui sono appena un’impercettibile rotellina”. La presenza di Dio in tutto viene ancora di più chiarita in un ultimo scritto di Voltaire, e cioè nel Bisogna prendere partito ovvero il principio di azione (1775). Qui viene affermato che nella realtà esiste un solo principio di azione, e cioè il grande essere. Egli è la causa universale, il principio di azione che conferisce ai singoli tutte le loro facoltà. La visione di Voltaire è, pertanto, fortemente pessimistica, perché pone l’accento sull’esistenza del male e del dolore, delle guerre e delle catastrofi naturali. Per Voltaire l’esistenza del male non può essere negato, perché esso fa parte della vita e si inserisce in quella immensa macchina di cui abbiamo detto sopra. Filosofi quali Leibniz e Shaftesbury hanno raccontato delle favole. Queste tematiche vengono ampiamente trattate in Candido o dell’ottimismo, dove si polemizza contro l’ottimismo provvidenzialistico dei teologi e dei leibniziani. Il pensiero di Voltaire denuncia la misera condizione umana in difesa della ragione, e, conseguentemente, il nostro filosofo si pone in contrasto e in lotta contro i soprusi del potere politico e religioso e contro gli interessi che sottostanno alle costruzioni metafisiche. Voltaire non scrive in nome di utopie e chimere, bensì in costante riferimento al proprio tempo contemporaneo. Ed infatti, si batte contro il fanatismo, la superstizione, il dispotismo, gli organi giudiziari, le ingiustizie sociali. Egli stesso si fa difensore dei diritti degli uomini. Esemplare a tal riguardo è il Trattato sulla Tolleranza. Quest’opera prende spunto da un processo tenutosi a Tolosa contro un protestante. Processo che termina con la condanna e la morte del religioso. Da questo caso particolare Voltaire allarga il proprio discorso per denunciare le conseguenze nefaste dell’intolleranza, soprattutto di quella cristiana. Alla base dell’intolleranza si ha la superstizione, che per Voltaire è “quasi tutto che va oltre l’adorazione di un Essere supremo e la sottomissione del cuore ai suoi ordini”. Quindi tutto ciò che si formalizza in dottrine e riti, e che ha permesso la persecuzione e gli omicidi. Il secolo di Luigi XIV è considerata la prima opera storica moderna. Qui Voltaire polemizza sia contro gli storici eruditi ed annalistici, sia contro gli schemi provvidenzialistici della storiografia ecclesiastica. Per Voltaire, il compito dello storico è quello di cogliere lo spirito di un’epoca. Spirito che si esplica al di là degli avvenimenti, e che si palesa nelle relazioni, negli usi, nelle idee, nei costumi di un preciso periodo storico. Nel Saggio sui costumi Voltaire sintetizza la storia universale dai popoli selvaggi all’impero Romano, dal medioevo all’epoca moderna, al fine di cogliere “lo spirito, i costumi, gli usi delle principali nazioni in rapporto a fatti che non è lecito ignorare”. Bisogna, pertanto, andare oltre i puri avvenimenti per cogliere ciò che di particolare ha un’epoca; per fare ciò bisogna comprendere il periodo storico di cui ci si sta occupando. In questa ricerca dello spirito delle nazioni non cessa la polemica di Voltaire verso tutto ciò che di irrazionale, superstizioso e fanatico si è avuto nella storia dei popoli. E proprio questi elementi hanno ostacolato il progresso dell’uomo. In queste tematiche troviamo tutto l’ideale illuministico di Voltaire, che afferma l’importanza della ragione umana, e che vuole liberare l’uomo dai miti e dalle false credenze per portarlo alla piena consapevolezza di sé. Questa fiducia nella ragione, nei lumi della ragione, interesserà tutta la metà del settecento. Gli illuministi, infatti, affermeranno che solo mediante la ragione si possono debellare i pregiudizi e superstizioni, e fondare una società civile giusta e libera dai governi tirannici e dalla povertà.

VOLTAIRE E IIL SUO CONTRASTO CON ROUSSEAU

Voltaire collaborò all’Enciclopedia di Diderot e D’Alembert, alla quale partecipavano anche d’Holbach e Jean-Jacques Rousseau. Dopo un buon inizio, e un parziale apprezzamento dei philosophes per le sue prime opere, quest’ultimo si distaccò presto, per le sue idee radicali in politica e sentimentali sulla religione, dal riformismo e dal razionalismo degli enciclopedisti; inoltre Rousseau non accettava le critiche alla sua città fatte da d’Alembert e Voltaire stesso nell’articolo "Ginevra", che avrebbe scatenato nuovamente le autorità svizzere contro i due filosofi. Voltaire cominciò a considerare Rousseau come un nemico del movimento Illuminista oltre che una persona incompatibile col proprio carattere a causa della paranoia e gli sbalzi d’umore di questo Filosofo e, pertanto, inviterebbe i governanti di Ginevra a condannare Rousseau con la massima severità.

IL SUO RIENTRO A PARIGI

Rientra infine a Parigi Infatti a causa delle sue condizioni assai precarie di salute chiese di potere rientrare in Patria. pare soffrisse di un tumore alla Prostata. Rientrato a Parigi i primi giorni di febbraio del 1778, dopo 28 anni di assenza, ricevette un’accoglienza trionfale, tranne che dalla corte del nuovo re, Luigi XVI, e, ovviamente, dal clero. Il 7 aprile entrò nella Massoneria, nella Loggia delle Nove Sorelle. Assieme a lui, venne iniziato anche l’amico Benjamin Franklin. Voltaire benedice il nipote di Franklin in nome di Dio e della Libertà il cui dipinto raffigura un episodio degli ultimi mesi di vita di Voltaire Nonostante l’ostinato rifiuto, sino alla morte, della religione cattolica e della Chiesa - Voltaire era un deista - viene sostenuta la tesi che il filosofo si sia convertito in extremis alla fede cristiana. A riprova della conversione di Voltaire abbiamo uno studio dello spagnolo Carlos Valverde. Mentre le sue condizioni peggioravano, Voltaire perse lucidità, e assumeva forti dosi di oppio per il dolore. Un prete, Gauthier, della parrocchia di Saint-Sulpice, dove viveva Voltaire, venne a chiedergli una confessione di fede, perché egli non fosse sepolto in terra sconsacrata. L’unica dichiarazione scritta di suo pugno, o dettata al segretario, fu: "Muoio adorando Dio, amando i miei amici, non odiando i miei nemici, e detestando la superstizione".] Gauthier non la ritenne sufficiente e non gli diede l’assoluzione, ma Voltaire si rifiutò di scrivere altre confessioni di fede che sancissero il suo ritorno al cattolicesimo. Nonostante ciò, si diffusero, dopo la morte, documenti di dubbia autenticità che indicherebbero che abbia sottoscritto una professione di fede, firmata da Gauthier e dal nipote , anche questa però, ritenuta insufficiente, anche se più esplicita. La confessione è stata ritenuta da taluni di comodo, su sollecitazione degli amici, per avere degna sepoltura e funerali oppure totalmente falsa, in quanto in contrasto con tutta la sua vita e la sua opera. MUORE NEL MAGGIO 1778 A PARIGI

ASTIANATTE