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  LA RIFORMA DEL CATASTO

giovedì 3 marzo 2022

Dopo che le Commissioni Finanze di Camera e Senato avevano raggiunto a fine giugno un accordo su un documento conclusivo di un’indagine conoscitiva sulla riforma del fisco durata mesi e che, tra le linee guida, non conteneva alcun riferimento alla riforma del catasto, ecco che il tema torna d’attualità.

E lo fa attraverso le parole dell’ex ministro delle Finanze Vincenzo Visco, totalmente a favore della riforma. Che non convincono affatto. Anzi, autorizzano i peggiori sospetti.

Partendo dalla constatazione che oggi esistono valori catastali fortemente disallineati rispetto ai valori di mercato e che tale distanza è variabile in relazione alla vetustà degli immobili, alla loro collocazione geografica (nord, sud, città, piccoli centri), chiede “una necessaria modernizzazione di una importante infrastruttura del nostro Paese”. Ma chi paga (chiediamo noi)? Visco ammette che l’avvicinamento dei valori catastali a quelli di mercato determinerebbe un evidente aumento di gettito e quindi propone di dimezzare le aliquote per raggiungere questo obiettivo. E già qui sorgono i dubbi: siamo sicuri che l’incremento della base imponibile sia di entità tale, da considerare sufficiente un dimezzamento delle aliquote, al fine dell’invarianza di gettito? Ammesso e non concesso che sia così, Visco poi ci regala una perla, che ci fa dubitare pure della accortezza della precedente stima. Ammette che, a parità di gettito, la riforma avrebbe solo effetto redistributivo – presumibilmente a sfavore degli immobili di pregio del centro delle grandi città e a favore degli immobili di più recente costruzione situati in periferia e nei piccoli centri – il cui impatto è pero “difficile da valutare”.

Insomma, Visco non sa come potrebbe andare a finire, ma lui ci prova ugualmente. E se andasse male? Ci permettiamo di scommettere che alla fine il saldo netto a favore dello Stato sarà positivo. Altro che invarianza di gettito.

Allora bisogna smetterla di nascondersi dietro un dito. Il problema sono gli immobili “fantasma” che sfuggono completamente al censimento o sono censiti e non pagano? Li si vada a cercare. Gli strumenti non mancano. Ma si lascino in pace gli altri. Ma, conoscendo l’efficienza di molti Comuni, nello scovare e tassare anche la stamberga più nascosta (ancorché abusiva), abbiamo pure il sospetto che anche questo degli immobili fantasma sia un falso problema, usato per attaccare nuovamente il patrimonio immobiliare degli italiani.

Gli Ascari nostrani potranno pure trincerarsi dietro apparenti motivazioni tecniche, ma il mandante di tutto ciò è, come al solito, a Bruxelles e usa lasciare pure le impronte digitali.

Sapete cosa c’era scritto nelle raccomandazioni Paese del 2019 rivolte dalla Commissione all’Italia? Ecco:

“L’imposta patrimoniale ricorrente sulla prima casa è stata abrogata nel 2015, anche per i nuclei familiari più abbienti. Inoltre i valori catastali dei terreni e dei beni, che costituiscono la base per il calcolo dell’imposta sui beni immobili, sono in gran parte non aggiornati ed è ancora in itinere la riforma tesa ad allinearli ai valori di mercato correnti […] Raccomanda che l’Italia adotti provvedimenti nel 2019 e nel 2020 in particolare riducendo le agevolazioni fiscali e riformando i valori catastali non aggiornati”.

Ma la pistola fumante è proprio nel Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza (PNRR), cioè il documento che stabilisce i nostri impegni (riforme e investimenti) al fine di ottenere il finanziamento da 191 miliardi in dieci rate semestrali fino al 2026. Qui leggiamo che “Le CSR rilevanti ai fini del PNRR sono quelle del 2019 e del 2020. La Commissione ha recentemente rilevato un maggiore grado di conformità per quanto riguarda le CSR 2020. Il Piano risponde a gran parte delle CSR 2019 non ancora soddisfatte.

Per quanto riguarda le Raccomandazioni 2019, con riferimento alla politica fiscale, nella CSR 1 il Consiglio raccomanda di ridurre la pressione fiscale sul lavoro, e di compensare tale riduzione con una revisione delle agevolazioni fiscali e una riforma dei valori catastali non aggiornati, nonché il contrasto all’evasione, in particolare nella forma dell’omessa fatturazione”.

L’impegno di recuperare gettito dagli immobili per ridurre la pressione fiscale sul lavoro è nei nostri impegni fino al 2026 con la Commissione UE, altrimenti non arriverà un cent del Recovery Fund.

Insomma non siamo ancora usciti dalla pandemia e non sappiamo se davvero finirà, siamo nel mezzo di un conflitto Europeo di ampia portata , che non si sa dove ci condurrà , ma intanto paghiamo a caro prezzo questi due stati di cose e le nostre finanze, familiari, locali e nazionali sono in profonda crisi, e a tutto questo L’Erop’a ci impone di aggiungere la riforma del catasto che porterà di cferto nuovi prelievi dalle tasche degli Italiani. Infatti il dito puntato sulle tasche nostre riguarda proprioriguarda proprio il piano nazionale per la ripresa e tutto ciò che riguarda il PNRR cioè il documento Eurpeoche stabilisce i nostri impegni al fine di ottenere il finanziamento di 191 miliardi di euro. L’Europa insomma ci impone una riforma che alla fine comporta gli aumenti dei costi sui valori catastali , che dovrebbero essere pareggiati dalla riduzione delle imposizioni fiscali sul lavoro. V’è da giurare che alal fine ci troveremo con una nuova tassa sulla casa , aggiornata e cresciuta, e al solito gettito fiscale più o meno rivisto sul lavoro, per buona pace dell’ex Ministro Visco, che non sa neppoure lui come andranno a finire le cose con questa operazione. Una cosa è certa gli Italiani avranno da pagare sempre di più allo Stato per la proprietà della loro casa , ai quali azlla fine converrebbe venderla e fare la domanda per averne una popolare dallo Stato. Grazie Tante