L’unità resistenziale (1944-1947)
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La svolta di Salerno
Dopo la destituzione e l’arresto di Benito Mussolini, il 25 luglio 1943, il re Vittorio Emanuele III affida al maresciallo Pietro Badoglio l’incarico di formare il nuovo governo. L’esecutivo Badoglio resta in carica fino al 22 aprile 1944, quando sarà sostituito da un nuovo governo guidato dallo stesso Badoglio, ma che avrà vita breve. Il 4 giugno 1944, infatti, gli alleati entrano a Roma e il giorno seguente Badoglio rassegna le dimissioni, per poi riottenere l’incarico dal luogotenente. Il Comitato di liberazione nazionale (Cln) – nato ufficialmente a Roma, nei palazzi del Vaticano, il 9 settembre 1943, e composto dai rappresentanti di tutti i partiti antifascisti che si vanno riorganizzando (Dc, Pd’a, Pdl, Psiup, Pcd’I) – protesta, sia perché la nomina è stata effettuata dal luogotenente, sia perché Badoglio è troppo compromesso col passato regime.
In questo modo il Cln ottiene la nomina del proprio presidente, il demolaburista Bonomi (con l’assenso americano e l’opposizione inglese). Il nuovo governo, al quale partecipano tutti i partiti antifascisti, è reso possibile anche dalla cosiddetta svolta di Salerno, con la quale il leader comunista Palmiro Togliatti propone di rinviare la soluzione della questione istituzionale – quale futuro per la monarchia? – e dare vita a un governo di unità nazionale per fronteggiare le esigenze del momento, cioè la fine della guerra e l’avvio della ricostruzione.
I governi di unità nazionale
Durante i due governi Bonomi emergono contrasti e divergenze di vedute sui temi cruciali fra i partiti del Cln. Inizia, in pratica, la lotta per la conquista del potere e i partiti mettono a punto strutture e iniziative per accaparrarsi la simpatia dell’elettorato (quello meridionale, perché il nord del Paese è ancora nelle mani dei tedeschi). La Dc cerca di attirare nella propria orbita i piccoli e medi proprietari terrieri grazie all’opera svolta dalla Confederazione dei coltivatori diretti (Coldiretti) di Paolo Bonomi. I partiti di sinistra invece si rivolgono alla massa dei braccianti e dei contadini mediante la Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL) di Di Vittorio.
Nei primi mesi del 1945, quando gli Alleati occupano progressivamente anche il nord della penisola, sulla scena politica nazionale irrompono forze nuove. È il cosiddetto "vento del nord". In realtà si tratta degli stessi partiti già presenti nel Cln centrale, ma i membri del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia, ancora immersi nel clima di lotta armata e violenta dei mesi precedenti, giudicano i colleghi romani troppo inclini al compromesso e al tradimento degli ideali della Resistenza.
In questa nuova situazione, Bonomi è costretto a dimettersi e – visto che le candidature dei leader socialista e democristiano, Nenni e De Gasperi, si annullano a vicenda - l’incarico viene affidato a Ferruccio Parri, leader della Resistenza del nord, per dare a quest’ultima un adeguato riconoscimento politico. Ma i contrasti tra i partiti sono ormai netti e dopo appena cinque mesi l’esperimento si conclude su iniziativa dei liberali. I principali nodi riguardano la politica economica (i provvedimenti di Parri mirano ad indebolire la grande proprietà monopolistica suscitando, da un lato la simpatia della sinistra, dall’altro la ferma opposizione del centro-destra e degli americani), il ruolo da attribuire alla Consulta (democristiani e liberali vorrebbero ridurla a mero organo consultivo, mentre socialisti, comunisti e azionisti la intendono come soggetto dotato di vasti poteri politici) e la data delle elezioni (la sinistra preme affinché vengano fatte subito le politiche e poi le amministrative, così da poter sfruttare l’entusiasmo della recente lotta di liberazione dal fascismo e dallo straniero, mentre i democristiani, col favore degli americani, vogliono che la prima consultazione sia quella amministrativa).
La caduta del governo Parri coincide con la fine della lotta armata al fascismo e l’inizio di un periodo nuovo, con la ripresa della libera e democratica competizione fra le forze politiche, anche se l’unità delle forze del Cln proseguirà formalmente fino al maggio del 1947.
La fine dell’Unità Nazionale
A Ferruccio Parri succede Alcide De Gasperi. Il primo governo guidato dal leader democristiano nasce su proposta del suo principale rivale, il socialista Nenni. La strategia di quest’ultimo è chiara: mettere in difficoltà De Gasperi spingendolo ad accollarsi la responsabilità del governo in un momento particolarmente difficile; il probabile fallimento avrebbe messo fuori gioco i democristiani, spianando la strada alle forze di sinistra. Il disegno però fallisce e De Gasperi – che rimarrà al governo fino al 1953 – non appena ne avrà la possibilità estrometterà le forze di sinistra dalla compagine governativa.
Il programma di De Gasperi si incentra su due punti fondamentali: ripristinare l’ordine pubblico, anche per tenere a bada le forze di sinistra capaci di mobilitare le masse, e avviare la ricostruzione materiale ed economica del paese. Quanto alla questione istituzionale, invece, la scelta viene affidata ad un referendum popolare (l’elettorato democristiano, infatti, è in larga misura monarchico e perciò schierarsi apertamente per la Repubblicana significherebbe correre il rischio di perdere una cospicua fetta di consensi elettorali; gli stessi monarchici, del resto, propendono per l’ipotesi referendaria, consapevoli che affidare la soluzione all’Assemblea Costituente equivarrebbe ad una condanna a morte sicura per la monarchia).
Il 2 giugno 1946, oltre al referendum che sancisce la fine della monarchia e l’avvento della Repubblica, si svolgono le elezioni per l’Assemblea Costituente. L’esito elettorale fa registrare una doppia sconfitta del Partito Comunista, che fallisce sia l’obiettivo della maggioranza del blocco delle sinistre sul centro-destra, sia quello di ottenere più voti del Partito Socialista. Sul versante opposto, però, la Dc deve fare i conti con la sorprendente affermazione del Fronte dell’Uomo Qualunque di Guglielmo Giannini, che in alcuni collegi del centro-sud sfiora la maggioranza assoluta, a dimostrazione del fatto che molti cattolici ancora non si riconoscono nel partito di De Gasperi. L’esperienza dell’Uq, però, è destinata ad esaurirsi con il radicalizzarsi – anche in conseguenza di ciò che accade a livello internazionale - dello scontro politico, che permetterà alla Dc di presentarsi come unico baluardo anticomunista.
All’indomani del voto del 2 giugno, De Gasperi non cede alla tentazione di formare un governo con i liberali e i partiti di destra - una soluzione, questa, che rischierebbe di sbilanciare la Dc facendole perdere la posizione privilegiata al centro dello schieramento politico - ma forma un governo sostenuto dal tripartito Dc, Psi, Pci, e con l’appoggio del Pri. Ma l’estromissione delle forze di sinistra dall’esecutivo è solo rimandata di alcuni mesi. Nel gennaio del 1947, infatti, il partito socialista vive l’ennesima scissione della sua storia, quella di palazzo Barberini, con Saragat che in dissenso da Nenni fonda il Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (che poi assumerà la denominazione di Partito Social Democratico Italiano). Sul piatto, però, restano ancora due questioni spinose che la DC non può correre il rischio di affrontare e risolvere da sola: la firma del trattato di pace che costringerà ad ingoiare non pochi bocconi amari e la votazione dell’articolo 7 del progetto costituzionale (patti lateranensi) che potrebbe essere respinto dal voto contrario di una coalizione di forze laiche e di sinistra. Superati anche questi due ostacoli, nel maggio del 1947, De Gasperi apre la crisi di Governo, per poi formare un nuovo esecutivo con PCI e PSI all’opposizione. È la fine dell’Unità Nazionale e l’inizio del Centrismo.
La politica economica di Einaudi
Il periodo 1945-1948 è denso di scelte fondamentali anche per quanto riguarda la politica economica. I principali problemi da affrontare sono la disoccupazione e la sottoccupazione diffusa, soprattutto nel settore agricolo, l’inflazione e la ricostruzione materiale del paese. I governi di unità nazionale non sono in grado di attuare una ben precisa linea di politica economica di comune accordo, a causa delle differenze interne. In questo contesto, dunque, prevale la linea neoliberista di Einaudi incentrata sulla conservazione del regime della proprietà già esistente e sul ritorno alla totale libertà d’azione da parte dell’impresa privata, con l’eliminazione di ogni vincolante controllo pubblico. Una linea, questa, che riscuote l’approvazione degli Usa, interessati ad unificare il mercato mondiale sotto la supremazia del dollaro e ad aprire il mercato europeo, che ha necessità di importare cospicue risorse, agli scambi con quello americano.
Sul versante della politica economica, in questo periodo, le forze politiche di sinistra assumono un atteggiamento rinunciatario, anche a causa dei contrasti fra comunisti e socialisti. I primi, infatti, a differenza dei socialisti, rifiutano categoricamente l’idea di inserire la programmazione nel quadro di una struttura economica ancora capitalistica e chiedono riforme radicali, a partire da quella agraria. Il momento storico però è tutt’altro che favorevole all’attuazione di interventi così incisivi, perché esiste un regime di occupazione militare e non è del tutto sopito il timore di un colpo di forza Alleato o monarchico. Inoltre, per guadagnare consenso anche tra i ceti medi, le forze di sinistra devono inizialmente adottare una linea più moderata. La sinistra italiana, perciò, accetta la linea Einaudi e rimanda al futuro Parlamento repubblicano il compito di avviare un dibattito sulle riforme.
Alle elezioni del 18 aprile 1948 per il primo parlamento della Repubblica, la DC sfiora la maggioranza assoluta (48,5 per cento) mentre il Fronte popolare delle sinistre ottiene il 31 per cento. Gli italiani compiono una scelta inequivocabile per la democrazia e il sistema occidentale che determinerà il futuro del Paese. De Gasperi associa al governo i partiti minori di centro (liberali, socialdemocratici e repubblicani) impostando una formula politica (il centrismo) che durerà fino agli inizi degli Anni Sessanta. L’11 maggio del 1948, il Parlamento elegge Luigi Einaudi primo Presidente della Repubblica.
14 luglio 1948. Momenti di grande tensione in tutto il Paese per l’attentato contro il leader comunista Palmiro Togliatti, ferito da uno squilibrato. Viene proclamato lo sciopero generale e scoppiano incidenti con 16 morti. Tutto rientrerà, oltre che per la ferma reazione delle forze dell’ordine, anche per il senso di responsabilità del vertice del PCI. Tuttavia la drammatica vicenda avrà importanti strascichi politici: la decisione dello sciopero generale porterà alla rottura dell’unità sindacale.
Si avviano le grandi scelte per il futuro dell’Italia. In politica estera il governo, nonostante la durissima opposizione delle sinistre, decide l’adesione alla NATO, l’alleanza militare e politica occidentale, mentre avvia una convinta strategia europeistica con l’adesione al Piano Schumann (1950), al Trattato per la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (1951) e al Trattato, poi naufragato, per la Comunità europea di difesa (1952). Sul piano interno, è il momento delle grandi riforme. Mentre le scelte di politica economica sostenute da Luigi Einaudi consentono di contrastare l’inflazione e avviare la ripresa industriale, in pochi anni vengono approvate la riforma agraria per la distribuzione delle terre, la riforma Vanoni contro l’evasione fiscale e un più equo sistema impositivo, la Cassa del Mezzogiorno, il piano INA Casa di Amintore Fanfani per la costruzione di alloggi per i lavoratori, i piani per i cantieri di lavoro e rimboschimento per favorire l’occupazione. Di fronte alla precarietà del quadro politico inoltre, De Gasperi fa approvare una riforma elettorale che punta alla stabilità parlamentare mediante un “premio” di seggi assegnati alla coalizione di partiti che ottenga la maggioranza assoluta dei voti (quella cui le opposizioni riuscirono a imporre la definizione ingiusta di “legge truffa”).
INTANTO IN ITALIA (1948-1953)
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