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  Pillole di Filosofia : IL PENSIERO FILOSOFICO DI PLOTINO

domenica 26 dicembre 2021

Il Pensiero Filosofico di Plotino


Plotino, riprende le formulazioni più tarde del pensiero platonico e sviluppa l’idea della discesa graduale dal divino al mondano, dall’Uno al molteplice.

la Vita che di lui scrisse il suo scolaro Porfirio; . A ventotto anni si dedicò agli studi filosofici, e divenne dopo qualche tempo scolaro di Ammonio Sacca, che la tradizione designa come iniziatore del neoplatonismo classico e che certo ebbe influenza decisiva sulla formazione speculativa di Plotino. Nel 242, nell’intento di prendere conoscenza della filosofia persiana, prese parte alla spedizione dell’imperatore Gordiano contro la Persia ma, per l’insuccesso della spedizione, dovette riparare ad Antiochia. Si recò allora a Roma dove, quarantenne, iniziò la sua attività didattica, divenendo famoso non solo tra coloro a cui più direttamente si dirigeva il suo insegnamento, ma anche tra il popolo, che vedeva in lui un esempio di superiore serenità e saggezza e ricorreva a lui per consiglio e per la risoluzione di controversie: non pochi, morendo, gli affidarono persino la tutela dei figli. Dopo ventisei anni d’insegnamento Plotino. si ritirò, malato, da Roma nella villa di un suo scolaro in Campania, e vi morì.

Il pensierio filosofico di Plotino parte da una necessità , quella della storia del proprio tempo, che vede lentamente , ma progressivamente, crescere il Cristianesimo anche nel pensiero della civiltà Romana e del proprio impero, tanto da mettere in crisi le due visioni filosofiche di Aristotele e Platone di cui cerca in qualche modo di fonderne i contenuti più essenziali , dando un risultato più consono al confronto col processo di crescita fra la comunità Romana , del Cristianesimo. Infatti l’interesse del suo insegnamento era ben presente nell’alta società romana, e trovò così anche il favore dell’imperatore Galieno e della imepratrice Salonina. Fu grazie a queste simptie protettive che Plotino potè far crescere l’idea progettuale di uno Stato ideale secondo l’ultima forma, assai matura , che gli aveva dato Platone. Sul modello delle Leggi doveva infatti essere fondata, o richiamata in vita, e costituzionalmente organizzata una città, che avrebbe assunto il nome di Platonopoli e in cui si sarebbe naturalmente trasferito Plotino, con i suoi seguaci. Da ricordare che il neoplatonismo di Plotino riprende del pensiero di Platone, per lo più le formulazioni fatte in età avanzata dal maestro. Sviluppa l’idea della discesa graduale dal divino al mondano, dall’Uno al molteplice. Tale discesa si configura per Plotino come una emanazione, cioè come un processo onde ogni realtà molteplice dell’universo discende dall’assoluta unità di Dio, senza peraltro che questa deroghi in nulla dalla sua purissima trascendenza e sia in alcuna misura diminuita da tale derivazione. Secondo l’immagine a cui spesso ricorre Plotino, il principio divino è come la realtà luminosa, da cui la luce si diffonde incessante senza che per ciò a quella realtà venga meno neppure la minima parte della sua sostanza: donde il nome di «effulgurazione», che viene usato talvolta per fornire all’idea dell’emanazione una maggior evidenza intuitiva. Escludendo da sé ogni molteplicità, essa, per tale suo carattere di elementarissima geminazione dell’unità originaria, deve anzi apparire quale primo momento derivato, nel processo dell’emanazione. Dalla suprema trascendente e ineffabile Unità discende così l’intelletto in cui essa si sdoppia nella duplicità del pensante e del pensato, concetto in cui confluiscono anche la visione aristotelica di Dio e quella platonica del mondo intelligibile. Tale mondo intelligibile si rispecchia a sua volta nell’anima, terza e ultima ipostasi nel processo emanativo, realtà intermedia tra la mortalità del corporeo e l’immortalità dell’intelligibile. L’Uno, l’Intelletto e l’Anima universale sono dunque le tre «ipostasi» che nel neoplatonismo plotiniano, che riassume nella sua sintesi le più importanti concezioni della metafisica e della gnoseologia precedenti, manifestano il processo di discesa dal principio supremo fino ai limiti del sensibile. Oltre tali ipostasi è solo la materia, indeterminata e indefinibile, puro non essere e tenebra, in quanto privazione di luce. Il concetto dell’emanazione, dunque, per cui il supremo principio, pur permanendo chiuso nella sua trascendente perfezione, si moltiplica dando luogo alle realtà inferiori, si presenta, nella formulazione plotiniana, come un ORIGINALE COMPROMESSO TRA LA TEOLOGIA ELLENICA E QUELLA CRISTIANA CHE AFFERMA L’AZIONE DI DIO NEL MONDO OPERANTE COME VOLONTA’ CREATRICE. Da qui si evince il vasto influsso di Plotino sulla stessa patristica greca e sul pensiero cristiano in generale. In campo etico, infine nel riprendre le concezioni platoniche e aristoteliche, Plotino afferma la superiorità della teoria sulla prassi e indica nella CONTEMPLAZIONE il modo di attuare di quella assimilazione al Divino, che costituisce il fine ultimo dell’umano operare, mentre NELLA INTUIZIONE DEL PRIMO PRINCIPIO culmina l’ascesa etica che, progredendo dalle virtù etiche a quelle dianoetiche, si attua come ritorno all’Uno di ciò che dall’Uno ha tratto origine. Ma d’altronde, in quanto l’Uno trascende ogni determinazione logica, la sua intuizione non potrà essere una conoscenza razionale,), ma si attuerà misticamente, come slancio d’amore e completa dedizione, nell’uscita dell’individuo da sé stesso