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  I QUANTI E LA FILOSOFIA

martedì 27 settembre 2022

Pillole di pensiero

LA TEORIA DEI QUANTI E LA FILOSOFIA

Vero che le teorie fisiche moderne, per lo più quelle vissute nel corso del 19° secolo presentavano molteplici aspetti innovativi rispetto alla concezione meccanicistica ancora dominante fino ad inizio secolo. Però esse si portavano dietro ancora culture antiche come ad esempio l’Aristotelismo il cui carattere come si sa era l’essenza della scienza. Tali teorie si fondavano sulla convinzione che la natura fosse retta da leggi rigorose, di portata universale. La scienza all’epoca si basava allora sulla ricerca di un determinismo negli eventi naturali. La Teoria atomistica del 20° secolo, chiamata meccanica quantistica ha messo in discussione questo pilastro rimasto ben fermo per millenni, proponendo una scienza che si occupa di corpi che non sembrano soggetti al determinismo e non sembrano rispondere a leggi rigorose. Fu la quantizzazione della energia a rappresentare una brusca rottura con la millenaria convinzione che rispondeva alla sostanziale continuità dei processi naturali. L’antica convinzione o “ Massima” secondo cui “ LA NATURA NON FA SALTI”, risultò essere manifestazione violata dal comportamento dell’elettrone, che, nel modello del Bohr, mutava il proprio stato con improvvise e veloci discontinuità, con salti quantici. Questo modello del Bohr rimase poi il punto di riferimento fondamentale negli studi dei modelli atomici per oltre un decennio e dette origine ad una nuova impostazione dei problemi della fisica degli atomi. La nuova meccanica quantistica si sviluppò nel triennio 1924, 1927, coi contributi essenziali di Fisici quali De Broglie, Heisenberg, Born, Bohr, che partivano da prospettive anche assai diverse fra loro. I fondamenti teorici elaborati in questi anni sono stati il vero pilastro su cui è stata sviluppata la fisica atomica del 900. La nuova Meccanica Quantistica suscitò un ampio dibattito scientifico ed anche filosofico: essa presentava aspetti concettuali rivoluzionari del pensiero scientifico, ma rivoluzionò anche ogni concezione del senso comune consolidata da secoli di storia. Due in particolare furono gli aspetti oggetto di interesse: la natura statistica della nuova fisica e il dualismo fra onde e corpuscoli che essa introduce. La teoria quantistica non è in grado di determinare con precisione il comportamento di una particella atomica, per esempio di un elettrone, essa può soltanto può soltanto fare una previsione statistica circa il proprio movimento in determinate condizioni. L’elettrone dunque sembra non essere soggetto a leggi rigorosamente deterministiche, appare dotato di una capacità di scelta fra i vari percorsi possibili ( libero arbitrio). Questa caduta del determinismo, mise in difficoltà l’intero comparto scientifico che aveva dominato fino da Aristotele. Comparto secondo cui come si sa fu conoscenza dell’universale e si esprimeva secondo leggi che non ammettono eccezioni. Proprio per questo motivo grandi scienziati come Eistein, Planck, Schroedinger, si rifiutarono di ammettere che la nuova fisica fosse una teoria scientifica completa, definitiva e non superabile da altre che ripristinassero il determinismo degli eventi naturali. Questi Fisici però furono fermati dai crescenti successi della meccanica quantistica e si affermò così l’indeterminismo atomistico di Heisenberg. Secondo lui infatti, i gravi problemi di interpretazione che si associavano alla meccanica quantistica dipendevano dalla abitudine di usare convinzioni ricavate da esperienze della fisica macroscopica per rappresentare anche il mondo atomico. Per portare un esempio, si può ricordare che se si rappresenta l’elettrone che ruota attorno al nucleo usando l’analogia di un satellite che gira attorno ad un pianeta , sorge immediata una domanda: come fa l’elettrone a passare da un orbita all’altra senza passare per quelle intermedie? L’esperienza non ci fornisce nessuna informazione riguardo all’orbita di un elettrone, il cui movimento non può essere seguito in ogni suo punto , come si fa per esempio con la luna. Insomma non ha alcun senso rifarci a questi stati di cose e meglio allora è rinunciare a queste rappresentazioni degli oggetti atomici e limitarci a trattare teoricamente e studiare solo quei dati su questi oggetti che l’esperienza ci consente di avere. Per queste ragioni Heisemberg giunse ad esprimere il principio di indeterminazione. Se si considerano le esperienze che ci permettono di ottenere informazioni sugli oggetti atomici partendo dai principi della nuova teoria. ci si trova di fronte costantemente a una conclusione che è assolutamente nuova rispetto alla meccanica classica. Nella meccanica classica è possibile prevedere il comportamento futuro di un corpo se si conoscono in un dato istante delle informazioni sul suo stato, due cosiddette coordinate canoniche. Le più semplici tra queste coppie di coordinate sono la posizione e la velocità. Nelle esperienze che riguardano gli oggetti macroscopici si era sempre ammesso che fosse possibile assumere informazioni empiriche circa le coordinate canoniche senza perturbare lo stato degli oggetti in esame: si ammetteva. per esempio, che si potesse misurare in un certo istante la posizione e la velocità di un corpo con precisione grande a piacere senza alterare il suo movimento. Se invece di considerare un corpo macroscopico si considera un oggetto atomico ciò non risulta più possibile: non è possibile misurare con precisione grande a piacere le coordinate canoniche di un oggetto atomico. Nel caso di un elettrone in movimento, per esempio, i tentativi di misurane posizione o velocità alterano inevitabilmente il suo stato di moto a causa della quantizzazione dell’energia tanto delle particelle quanto delle radiazioni luminose, quantizzazione che impedisce che si possa rendere piccolo a piacere il disturbo prodotto dalla interazione tra particella e apparato di misura.

Questa perturbazione avviene in modo tale che se si cerca di diminuire l’incertezza della misurazione di una delle due coordinate, si interagisce con l’elettrone in maniera da aumentare l’incertezza con la quale si può misurare l’altra coordinata. La precisione nella misurazione di una coordinata canonica va necessariamente a discapito della precisione nella misurazione dell’altra. Per esempio se si cerca di determinare con precisione assoluta la posizione di un elettrone in un dato istante facendolo scontrare con una lastra fotografica che ne registra l’arrivo, l’urto con la lastra consente effettivamente di annullare l’incertezza circa la misurazione della posizione, ma contemporaneamente altera del tutto il movimento della particella e dunque preclude la possibilità di ottenere informazioni su quella che era la velocità dell’elettrone nel momento in cui giungeva sulla lastra. Se si considerano le esperienze che ci permettono di ottenere informazioni sugli oggetti atomici partendo dai principi della nuova teoria, ci si trova di fronte costantemente a una conclusione che è assolutamente nuova rispetto alla meccanica classica. Nella meccanica classica è possibile prevedere il comportamento futuro di un corpo se si conoscono in un dato istante delle informazioni sul suo stato, due cosiddette coordinate canoniche. Le più semplici tra queste coppie di coordinate sono la posizione e la velocità. Nelle esperienze che riguardano gli oggetti macroscopici si era sempre ammesso che fosse possibile assumere informazioni empiriche circa le coordinate canoniche senza perturbare lo stato degli oggetti in esame: si ammetteva. per esempio, che si potesse misurare in un certo istante la posizione e la velocità di un corpo con precisione grande a piacere senza alterare il suo movimento. Se invece di considerare un corpo macroscopico si considera un oggetto atomico ciò non risulta più possibile: non è possibile misurare con precisione grande a piacere le coordinate canoniche di un oggetto atomico. Nel caso di un elettrone in movimento, per esempio, i tentativi di misurante posizione o velocità alterano inevitabilmente il suo stato di moto a causa della quantizzazione dell’energia tanto delle particelle quanto delle radiazioni luminose, quantizzazione che impedisce che si possa rendere piccolo a piacere il disturbo prodotto dalla interazione tra particella e apparato di misura.

Questa perturbazione avviene in modo tale che se si cerca di diminuire l’incertezza della misurazione di una delle due coordinate, si interagisce con l’elettrone in maniera da aumentare l’incertezza con la quale si può misurare l’altra coordinata. La precisione nella misurazione di una coordinata canonica va necessariamente a discapito della precisione nella misurazione dell’altra. Per esempio se si cerca di determinare con precisione assoluta la posizione di un elettrone in un dato istante facendolo scontrare con una lastra fotografica che ne registra l’arrivo, l’urto con la lastra consente effettivamente di annullare l’incertezza circa la misurazione della posizione, ma contemporaneamente altera del tutto il movimento della particella e dunque preclude la possibilità di ottenere informazioni su quella che era la velocità dell’elettrone nel momento in cui giungeva sulla lastra. L’indagine sulle procedure sperimentali possibili per gli oggetti atomici condusse perciò Heisenberg a enunciare un principio di indeterminazione: nella misura delle coordinate canoniche di un oggetto atomico l’incertezza dei risultati di misura non si può rendere piccola a piacere. Il prodotto delle incertezze nelle misurazioni delle coordinate canoniche non può scendere sotto un limite inferiore. Perciò la diminuzione dell’incertezza, ovvero l’aumento di precisione nella misurazione di una coordinata, provoca necessariamente un aumento di imprecisione nella misurazione dell’altra. Non è possibile conoscere contemporaneamente con precisione assoluta i valori di due coordinate canoniche.

Il principio di indeterminazione spiega, per Heisenberg, la natura statistica della nuova teoria, l’apparente caduta del determinismo. Infatti. se non siamo in grado di avere informazioni precise sullo stato di un oggetto, non potremo neppure fare previsioni precise sul suo comportamento futuro. La meccanica classica compie previsioni deterministiche solo a patto che siano disponibili informazioni sui valori delle coordinate canoniche dell’oggetto in esame in un dato istante e ammette che sia sempre possibile ottenere simili informazioni. Il principio di indeterminazione stabilisce invece l’impossibilità di conoscere con precisione le coordinate canoniche e dunque esclude che si possa prevedere con precisione il futuro comportamento di un oggetto.

È il disturbo provocato dagli apparati di misura sulle particelle a impedire di conoscere le coordinate canoniche, è l’interazione tra oggetto e apparato di osservazione a generare un comportamento apparentemente indeterministico degli oggetti microscopici; sarebbe però insensato, prosegue Heisenberg, porsi la questione di come si comportino questi oggetti quando nessuno li osserva, quando nessuno strumento li disturbi, e chiedersi se in realtà il loro comportamento è di tipo deterministico oppure no, in quanto è evidente che lo scienziato non ha nulla da dire circa quello che fa la natura allorquando nessuno la osserva. Limitandosi a quel che dicono le esperienze, la scienza non può far altro che sottolineare come nel mondo atomico le esperienze non consentono di misurare con precisione quei dati che sarebbero necessari per poter effettuare una previsione deterministica e lasciare ad altri l’onere di discutere se la natura sia o no "in se stessa" intrinsecamente deterministica.